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START-UP: L'ASSUNZIONE A TERMINE

START-UP: L'ASSUNZIONE A TERMINE

Alle imprese start-up innovative, è consentito stipulare contratti a termine che non hanno bisogno di un motivo oggettivo per la stipula in quanto è la definizione di impresa start-up a costituirne la motivazione. Il contratto trova la causalità del termine nella natura dell'impresa e può arrivare a durare anche quattro anni.

 

Il "Decreto Crescita bis" definisce l'impresa start-up innovativa in base ai requisiti che concernono il soggetto che detiene la maggioranza del capitale, il tempo trascorso dalla data di costituzione, il valore della produzione, il contenuto innovativo ad alto valore tecnologico, nonché la gestione degli utili. Secondo la norma citata, l'impresa start-up innovativa si costituisce nella forma di una società di capitali di diritto italiano ovvero di una Societas Europae, residente in Italia ai sensi dell'art. 73 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione.

 

Le agevolazioni

Oltre ad agevolazioni fiscali e finanziarie, il decreto riconosce a queste società la possibilità di stipulare contratti di lavoro a termine in deroga sia al D.Lgs. n. 368/2001 sia al contratto a-causale di cui alla legge n. 92/2012. Le nuove disposizioni si applicano per il periodo di quattro anni dalla data di costituzione della star up o per il più limitato periodo previsto per le società già esistenti che, in possesso dei requisiti richiesti, possano essere ricondotte alla definizione di start-up. In quest'ultimo caso, è previsto che la nuova disciplina trovi applicazione per un periodo di quattro anni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, se la start-up innovativa è stata costituita entro i due anni precedenti, di tre anni, se è stata costituita entro i tre anni precedenti, e di due anni, se è stata costituita entro i quattro anni precedenti. Agevolazioni sono anche riconosciute relativamente ai rapporti di lavoro, con la possibilità di stipulare a particolati condizioni i contratti a tempo determinato, di derogare alle regole sull'equivalenza professionale delle mansioni a cui è adibito il lavoratore e di privilegiare la parte flessibile delle retribuzioni.

 

I contratti di lavoro a termine

Ciò premesso, interessa qui rilevare le previsioni in materia di rapporto di lavoro subordinato, in particolare per quanto attiene al contratto a tempo determinato che può fruire di un particolare regime agevolativo. Infatti, quando il contratto è stipulato da una start up, le ragioni di cui all'art. 1 del D.Lgs. n. 368/2001 che giustificano l'apposizione del termine si intendono verificate.

 

Apposizione di un termine al contratto (D.Lgs. n. 368/2001)

Il D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 consente, come regola, l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo che devono essere specificate dal datore di lavoro. Dette ragioni sono, pertanto, riconducibili a condizioni oggettive quali ilraggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.

Peraltro, l'apposizione del termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate le ragioni che l'hanno consentita.

 

La riforma del mercato del lavoro

La legge 28 giugno 2012, n. 92, di riforma del mercato del lavoro ha introdotto una deroga ai principi di cui sopra consentendo un accesso facilitato ai contratti a termine di breve durata e non reiterabili. Viene infatti previsto che per la stipula del "primo" contratto a termine, intendendosi per tale quello stipulato fra un certo lavoratore ed una certa impresa per qualunque tipo di mansione, non è necessaria la specificazione delle causali di cui all'art. 1 del D.Lgs. n. 368/2001.

La durata del contratto privo di causale non può però superare i 12 mesi e non è prorogabile. In alternativa, i contratti collettivi possono prevedere casi in cui l'assunzione a termine o la somministrazione avvengano nell'ambito di un processo organizzativo determinato dalle ragioni di cui al comma 3 dell'articolo 5 del D.Lgs. n. 368/2001. Secondo il Ministero del Lavoro (circolare n. 18/2012) la formulazione si riferisce al "primo rapporto a tempo determinato" tra lavoratore e datore di lavoro/utilizzatore, per lo svolgimento "di qualunque tipo di mansione". Parte non irrilevante della dottrina ritiene, però, che il rapporto di lavoro deve essere il primo in assoluto fra le parti interessate.

 

Le start-up

Le ragioni che giustificano l'apposizione del termine al contratto di lavoro, di cui all'art. 1, comma 1, del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, si intendono sussistentiqualora il contratto a tempo determinato sia stipulato da una start up innovativa per lo svolgimento di attività inerenti all'oggetto sociale della stessa. Il contratto può essere stipulato per una durata minima di sei mesi ed una massima di trentasei mesi. Entro il limite di durata massima, successivi contratti a tempo determinato possono essere stipulati, per lo svolgimento delle attività di cui sopra, senza l'osservanza dei termini di cui all'art. 5, comma 3, del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, o anche senza soluzione di continuità. Vale a dire che viene meno l'obbligo di rispettare l'intervallo di tempo previsto fra un contratto e l'altro, anche a seguito delle modifiche apportate al suddetto decreto legislativo dalla legge n. 92/2012 che ha portato, come regola, l'intervallo fra la cessazione di un contratto a successiva riassunzione a 60 o 90 giorni a seconda che il contratto cessato fosse di durata fino a sei mesi o superiore.

In deroga al limite di durata massimo di trentasei mesi, un ulteriore successivo contratto a tempo determinato tra gli stessi soggetti e sempre per lo svolgimento delle attività inerenti l'oggetto della società start-up, può essere stipulato per la durata residua massima di quattro anni prevista per questa tipologia innovativa. Occorre però che questo ulteriore contratto sia stipulato presso la Direzione territoriale del lavoro competente per territorio.

Qualora, per effetto di successione di contratti a termine stipulati a norma della disciplina in commento - o comunque a norma del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368 - il rapporto di lavoro tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi, comprensivi di proroghe o rinnovi, o la maggiore durata di cui sopra, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato.

Un particolare vincolo è introdotto in caso di permanenza del lavoratore in azienda trascorsi i limiti massimi di durata del contratto a termine: in questo caso è possibile esclusivamente stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e resta inibita la possibilità di stipulare altre tipologie di rapporti di lavoro, compresi quelli di natura autonoma.

Per quanto non disposto diversamente, ai contratti a tempo determinato delle start up si applicano le disposizioni del D.Lgs. 6 settembre 2001,n. 368.

Qualora sia stato stipulato un contratto a termine applicando le disposizioni del nuovo decreto da parte di una società che non risulti avere i requisiti di start up innovativa il contratto si considera stipulato a tempo indeterminato e trovano applicazione le disposizioni derogate dalla norma in commento.

 

La contribuzione

Vale ancora la pena di considerare che ai rapporti di lavoro instaurati dalle start up non si applica il contributo addizionale dell'1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali previsto dall'art. 2, comma 28, della legge n. 92/2012 quale finanziamento addizionale dell'assicurazione sociale per l'impiego (ASpI).

 

Il demansionamento

Fra le misure in materia di lavoro subordinato volte a favorire le start-up, rientra indubbiamente la deroga al requisito codicistico dell'equivalenza professionale, di cui all'art. 2103 c.c., che impone di adibire il lavoratore alle mansioni per le quali è stato assunto o a mansioni equivalenti a quelle da ultimo effettivamente svolte. Secondo la disciplina particolare in esame, questo principio si intende soddisfatto anche qualora al lavoratore vengano attribuiti, in modo non prevalente, mansioni inferiori o superiori all'inquadramento contrattuale.

 

La retribuzione

La retribuzione dei lavoratori assunti da una società nel periodo di start-up è costituita da una parte - paga base - che non può essere inferiore al minimo tabellare previsto, per il rispettivo livello di inquadramento, dal contratto collettivo applicabile, fermo restando che, alla quale va ad aggiungersi una parte variabile, consistente in trattamenti collegati all'efficienza o alla redditività dell'impresa, alla produttività del lavoratore o del gruppo di lavoro, o ad altri obiettivi o parametri di rendimento concordati tra le parti.

I contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono definire anche con accordi interconfederali o avvisi comuni:

criteri per la determinazione di minimi tabellari specifici, funzionali alla promozione dell'avvio delle start up innovative, nonché criteri per la definizione della parte variabile della retribuzione;

disposizioni finalizzate all'adattamento delle regole di gestione del rapporto di lavoro alle esigenze delle start up innovative, nella prospettiva di rafforzarne lo sviluppo e stabilizzarne la presenza nella realtà produttiva.

La partecipazione dei lavoratori alla fase di innovazione e sviluppo può essere retribuita anche con l'assegnazione di opzioni per l'acquisto di quote o azioni della società e la cessione gratuita delle medesime quote o azioni.

 

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